La Bce ha condotto un’inchiesta fra 51 istituti europei sui metodi per
misurare le perdite legate a sei fattori di rischio, dalla crisi
energetica all'inflazione elevata.
Se osservi la finanza non con gli occhi dell’iniziato ma con quelli semplici della logica, tutto sembra tutto assurdo. Prendiamo una notizia dal Sole 24 Ore del 30 luglio. La Bce annuncia che sta lavorando ad una regolamentazione sulla misurazione, quantificazione e copertura dei rischi cosiddetti “nuovi” o “emergenti”. Si tratta di quei rischi che, sorti all’improvviso, non sono sostenuti da dati storici degli ultimi 10-15 anni e quindi non possono essere valutati con i classici modelli in uso nelle banche.
Ecco l’elenco: approvvigionamento energetico, scarsa resilienza delle catene di valore, instabilità geopolitica, elevati tassi d’interesse, alta inflazione, ambiente e cambiamento climatico.
La Bce ha condotto un’inchiesta fra 51 banche europee, fra le circa 100 sottoposte alla sua vigilanza diretta, sui metodi adoperati per misurare le perdite potenziali dovute a questi rischi “nuovi” e sul loro impatto sulla classificazione dei crediti. La maggior parte delle banche ha riconosciuto di non essere in grado valutare questi rischi all’interno di un modello statistico funzionale e validato, a causa dell’insufficienza di dati storici. Queste banche sono grandi aziende il cui core business è (o dovrebbe essere) raccogliere risparmio, gestirlo oculatamente e procurare credito. Non piccole banche cooperative territoriali. Se queste grandi aziende bancarie non sono state in grado di affrontare questi “nuovi” rischi, viene da pensare che non siano poi gestite così bene. E questo preoccupa perché ad esse noi affidiamo i nostri risparmi. (...)
Ecco l’elenco: approvvigionamento energetico, scarsa resilienza delle catene di valore, instabilità geopolitica, elevati tassi d’interesse, alta inflazione, ambiente e cambiamento climatico.
La Bce ha condotto un’inchiesta fra 51 banche europee, fra le circa 100 sottoposte alla sua vigilanza diretta, sui metodi adoperati per misurare le perdite potenziali dovute a questi rischi “nuovi” e sul loro impatto sulla classificazione dei crediti. La maggior parte delle banche ha riconosciuto di non essere in grado valutare questi rischi all’interno di un modello statistico funzionale e validato, a causa dell’insufficienza di dati storici. Queste banche sono grandi aziende il cui core business è (o dovrebbe essere) raccogliere risparmio, gestirlo oculatamente e procurare credito. Non piccole banche cooperative territoriali. Se queste grandi aziende bancarie non sono state in grado di affrontare questi “nuovi” rischi, viene da pensare che non siano poi gestite così bene. E questo preoccupa perché ad esse noi affidiamo i nostri risparmi. (...)
Vedi anche: collegamento
Leggi lo studio della BCE
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